[R.A.G] New Time, New Hope

parte 3. Segue da The Way to Hope

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    New Time, New Hope


    Prima parte --- Seconda parte
    XYLOS

    | Età:25| Maestria:SEGUGIO| Dono:RALLENTAMENTO TEMPORALE| Razza: UMANO|


    Abbandonai il sentiero appena in tempo per evitare una colonna di veicoli diretta alla città-nave. Ne sentii i rumori da lontano così mi sdraiai a terra, sperando che nessuno mi vedesse e ringraziai il cielo che, in questo avvallamento naturale, rocce e dune sabbiose permettevano di procedere quasi nascosti. Attesi il passaggio dei veicoli e seppur era ancora distante dal più vicino ingresso alla nave sentii gli urli e le grida degli uomini che vi giungevano e di quelli che li riaccoglievano. Loro e il carico di schiavi, puttane e merci che portavano a casa.

    Dopo aver ritrovato la sicurezza e la determinazione perdute alla ricerca di questo luogo riuscivo, adesso, a pensare lucidamente e ad analizzaare la questione con logica e calma.

    Presi del tempo per osservare la nave e i ponti esterni, segnando mentalmente i ponti più sorvegliati dai quali le vedette scrutavano le lande sabbiose in attesa di pericoli o tempeste.

    Passai poi a studiare il fianco della nave per capire da quale luogo, tempo addietro, ne eravamo stati sputati fuori. Individuai prima di tutto i camini fumanti che mi indicavano le possibili cucine. Perché proprio da li avevamo sfruttato un canale di scarico per venire fuori. Avevo tre possibilità ma, almeno, ero sicuro che il versante era quello. Dovetti attendere più di un'ora prima di prendere una decisione. Nessuno dei tre luoghi - cucine sembrava presentare scarichi all'aperto o tubi nelle paratie. Stavo disperando quando un grosso quantitativo di materiali venne scaricato fuori dalla nave, sotto uno dei camini fumanti. Non mi era chiaro come fossero stati smaltiti o da dove fossero stati buttati, ma almeno avevo un luogo da cui iniziare la ricerca.

    Non mi importava di poter sbagliare, avendo escluso l'ingresso principale della città non restava che trovare una alternativa. Avrei scalato le paratie del fianco della nave con le unghie e coi denti piuttosto che entrare come schiavo, per una seconda volta, comodamente accompagnato.

    Mancava solo decidere come avvicinarsi alla nave. E su questo invece non potevo fare nulla se non attendere. Anche tra dune e sassi il rischio di essere visto era troppo alto. Dovevo aspettare il calare del sole. Mi portai strisciando dietro un grosso masso e, nascosto, presi del tempo per riposare e -per quanto possibile- rilassarmi. Sciolsi i muscoli, posai lo zaino, presi qualcosa da mangiare e da bere e li consumai con quel misto di serenità e paura di chi teme di consumare un ultimo pasto.

    Aspettai che il sole calasse dietro la linea dell'orizzonte, allungando anche lo ombre delle dune più basse. Le prime luci sulla Nave si accendevano poco per volta ma come previsto c'era ancora tempo prima che venissero accesi i fari di avvistamento, tutto il tempo necesarrio a permettermi di avvicinarmi.
    Procedevo con cautela a piccoli passi approfittando dei vari punti ciechi per controllare la situazione sul ponte della nave. Solo qualche vedetta procedeva lentamente sull'alto profilo del relitto, ma non potevo escludere qualche cecchino appostato nel ventre, pronto a colpire non visto i topi clandestini come me.

    Arrivai sotto le paratie della nave che la luce in cielo era decisamente meno di quella di quando iniziai ad avvicinarmi. I lunghi fari scrutatori iniziavano ormai ad accendersi. Da quella posizione le vedette in cima al ponte non mi avrebbero visto se non spinte da un avvertimento o da qualche mio errore. Temevo però essere la presenza di qualche pattuglia di terra, anche se non avevo notato segni di pneumatici sulla strada polverosa.

    Avevo fin da subito tenuto d'occhio il luogo da raggiungere: la zona dalla quale erano stati espulsi i rifiuti. La disgustosa scarica non si ripeté e ora che ero vicino alla nave iniziavo a dubitare della precisione con la quale mi ero avvicinato. Eppure ero proprio in prossimità di quella zona in cui un mucchio di rifiuti e strati di melma formavano un malsano mare ai bordi della nave, tra terra e metallo.

    Tastavo palmo dopo palmo tutta la paratia che mi trovavo di fronte e ad ogni irregolarità, pannello, sporgenza, provavo a sollevare, spingere e spostare.
    Nulla
    I minuti passavano e io non trovavo nulla. Mi spostai prima a destra e poi a sinistra del luogo previsto e ripresi una ricerca sempre più affannosa. Le luci si accendevano velocemente, i fari proiettavano le loro lingue verso le dune e non si sarebbe fatta attendere qualche pattuglia. Affidarsi alla vista era sempre più difficile, eppure il mucchio di scarti, liquami e immondizia era proprio li sotto i miei piedi, calpestato dalla mia ricerca. Poteva lo scarico essere molto lontano?

    Poi avvenne tutto relativamente in fretta.
    Alla mia destra avvistai una luce, dei fanali. Poi il rumore sommesso di un motore e un veicolo in avvicinamento.
    Possibile che mi abbiano visto?
    Disgustato solo all'idea di poterlo fare ma consapevole che fosse l'unico modo di passare inosservato iniziai a scavarmi la fossa nell'immondizia pronto a ricoprirmi al loro arrivo sperando per il meglio.

    E invece non era abbastanza. Un rumore sopra la mia testa.
    Sobbalzai terrorizzato ma cambiai idea e umore nel vedere un pannello metallico in movimento, spinto dall'interno da una leva metallica. Non molto più in alto di due metri da terra si stava aprendo lo scarico, proprio lì dove poco prima avevo già provato a sollevare e spostare.

    Il mezzo era in avvicinamento, il foro ugualmente vicino, a distanza di un salto. Non potevo rischiare di perdere l'occasione e attendere forse tutto il resto della notte. Ma era davvero alto il rischio di essere visti.
    C'era però una possibilità. Se l'apertura era stata azionata presto qualcosa ne sarebbe uscito fuori. Quello era il diffcile momento della prova: confondersi col materiale in uscita per provare a rientrare.
    Qualche secondo ancora e i rumori dei materiali rotolanti nel canale di scarico iniziarono a rimbombare così come sempre più vicino si faceva il mezzo di pattuglia.

    Tre... Mi avvicinai alla paratia, accucciato...
    BRRRBRBRBBBRRRRRRRBR
    Due ...piegato sulle gambe pronte a scattare..
    TUMTUTMTUTMTTTUUMMMTUMMM
    Uno... Ora!
    FRRRRRRRRRRRR
    Scarti di cibo e liquidi (di cui preferivo non sapere niente) iniziarono a cadere a terra e proprio mentre oggetti e scarti rimbalzavano fuori io saltai per appendermi all'apertura.
    Il primo tentativo fallì per il troppo unto e viscido. Non restai in piedi, mi riaccucciai seguendo il flusso di materiale e tentando di non restarne sommerso.
    Strinsi la stoffa della giacca tra le mani e riprovai. Il materiale andava esaurendosi in fretta e le luci del veicolo si avvicinavano più intense.
    Il terzo salto fu decisivo. Riuscii ad appendermi e a sollevare prima una poi l'altra gamba e a portarmi dentro il condotto mentre il pannello si richiudeva e il veicolo passava proprio li davanti.
    No, non stava passando.
    Si sta fermando.
    continua...


    Edited by frederic90 - 12/11/2017, 23:55
     
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    <<Tutte le sere la stessa storia! Ma cosa ci costa passare di qui mezzora prima o dopo eh? Senti che tanfo che c'è adesso!>>

    <<Già! Ce lo porteremo dietro tutta la notte maledizione!>>

    <<Anche se ogni tanto si trova roba interessante, guarda quanta roba!>>

    <<ZITTI VOI! Mica vi paghiamo per stare profumati e comodi.>>

    <<Cazzo ma guarda li quanta roba, a noi mezze razioni e poi buttano quel ben di ...>>

    <<HO DETTO DI FINIRLA>>

    Un colpo
    Un tonfo. E il silenzio su tutto il veicolo.
    Passi.
    Un uomo che tossisce e annaspa.

    <<Altri commenti del genere e in questo ben di dio ti ci affogo. E' chiaro?>>

    Borbottio.

    Un colpo.

    <<S-si Signore! >>un borbottio più deciso

    <<Pulisciti e risaliamo, altri commenti voi?>>

    << No signore!>>

    Il motore riprese a rumoreggiare spostando il veicolo e le voci.
    Solo allora realizzai di essere rimasto immobile e praticamente col fiato sospeso, in una posizione innaturale posato di lato su un fianco e col viso attaccato ad una parete col timore che ogni movimento potesse tradire la mia presenza.
    Mi sistemai assicurando mani e piedi ai lati del canale e inizii a risalire lentamente su questo piano inclinato.
    La risalita fu estremamente complicata soprattutto nella parte iniziale. Unto, sporco e un tanfo terribile davano il voltastomaco.

    Decisi che era il momento di utilizzare un recente acquisto. L'avevo pagato caro senza poter verificarne l'efficacia, e ora era il momento di scoprire se avrei rifatto visita al mercante con intenzioni bellicose o meno. Presi dalla giacca, ben sistemata nell'imbottitura, quel sottile tubo di materiale plastico. Avevo paura che si rivelasse una cazzata ma seguii l'istruzione del tizio. Spezzai il bastoncino più o meno alla metà della sua lunghezza e mi misi a scuoterlo qualche secondo. Incredibile, funzionava davvero. Una leggera luce verde -credo si dica fosforescente - si emanava dal tubo, senza che questo si fosse rotto mentre lo spezzavo. Un qualche liquido all'interno si muoveva e permetteva di vedere attorno, magari non in modo chiaro e preciso, ma avevo almeno una guida. Sapevo di non avere tempo da perdere, la durata di quell'aggeggio ingegnoso era limitata.
    Presto raggiunsi una parte del canale meno inclinata e più irregolare. E poco dopo vidi quel punto dello scarico che ben ricordavo, il punto da cui uscimmo senza scivolare fino in fondo. Una grata e il passaggio verso una via d'uscita. Ricordai con dolore quel momento in cui abbandonai Hope.

    Ma come promesso sono di ritorno.

    Continuai a salire in questo puzzolente scivolo. Mi ricordai di aver visto una immagine del vecchio mondo in cui dei bambini risalivano per gioco un tubo di plastica mentre altri scivolavano verso il basso. Era un gioco, ora una battaglia.

    ***

    Non riuscii a quantificare il tempo passato a risalire. Dovetti fare una pausa per riprendere fiato. Procedevo praticamente puntando prima i piedi e poi le mani, sulle pareti del cilindro, che diventava sempre di più un tubo, e via via non era per nulla facile. Proprio come ricordavo della discesa, ci buttammo dentro un piccolo canale di scarico.
    Dovetti poi fermarmi completamente, la luce era ancora abbastanza accesa ma sopra di me iniziavo a sentire delle voci e dei rumori. Proseguii con calma fino a dovermi fermare di nuovo. Qualcuno li sopra stava facendo discorsi, muovendo oggetti e stoviglie.

    Ci sono!

    Ero finalmente a pochi metri dalle cucine. Non vedevo nulla di più che un sottile fascio di luce diversi metri sopra di me, nel tubo. La flebile luce emanata dal tubo mi permetteva anche di notare come oltre la fessura in realtà lo scarico continuava a salire, probabilmente raccordandosi ad altri locali. Ma non era importante, l'essenziale era avere un punto di ingresso alle sale e corridoi della nave, da li avrei corso in lungo e in largo per ritrovarla. Senza escludere la possibilità di vivere da clandestino per lungo tempo, nascosto nel ventre buio di ferro.

    Posai la schiena contro la parete puntando entrambi i piedi sul lato opposto. Troppi rumori per avanzare oltre o permettermi di affrontarli a viso aperto.
    Il tempo passava...
    La luce del tubo andava diminuendo ma ebbi così modo di stupirmi ancora di più dell'utilità di quell'oggetto.
    BUM
    Un colpo mi fece quasi scivolare verso il basso. Sopra si era aperto un varco più grande che fece entrare molta luce. Mentre i discorsi e a tratti le urla continuavano nelle cucine, venne buttato nello scarico almeno un bidone di immondizia, nuovamente un misto di scarti, liquidi e oggetti. Chiusi gli occhi mentre mi passavano addosso e più di un pezzo di legno o metallo mi sbatteva in testa. Quando li riaprii il varco era di nuovo una piccola fessura illuminata e la caduta degli oggetti era solo un rimbombare lontano lungo lo scarico. Rumore però coperto ancora da grida, commenti e rumori delle cucine.
    Dovevo aspettare ancora.

    L'immondizia era stata scaricata da più di qualche minuto che sentii calare sulle spalle una melma densa e viscida. Non so da dove provenisse, forse da uno dei condotti secondari. Mi passò addosso e sentii subito un fastidio alla testa mentre scendeva sul mio corpo per proseguire lungo il tubo.
    Almeno quattro pugni di melma passarono addosso a me. Ma mi accorsi troppo tardi che non erano melma, ne che stavano passando. Come bicchieri di acqua fredda mi si rovesciavano addosso e uno dopo l'altro questi mucchi di melma mi si infilavano tra i vestiti, sotto i rattoppi delle armature. E più li sentivo addosso, freddi e densi, più sentivo la pelle bruciare e sfrigolare al contatto. Prima solo un leggero fastidio e poi un vero e proprio dolore. Iniziai a sbattere le mani li dove sentivo scorrere questi insetti melmosi, grossi non più di un grosso palmo di mano. Battevo contro il petto e cercavo di togliere gli ultimi arrivati dalla testa e dal collo.
    Il dolore stava diventando insopportabile. Senza volerlo mi ritrovai a scivolare nuovamente verso il fondo del tunnel combattendo contro il mio stesso corpo e quelle cose che volevano infiltrarsi sotto qualunque strato di metallo e pannelli che mi proteggevano. Più tempo stavano a contatto con le cose più sentivo sciogliersi gli strati, sfilacciarsi i tessuti e allo stesso modo graffiarmi e mangiarmi la carne. Più di una volta provai a fermare la discesa ma ogni volta dovevo arrendermi e dimenarmi anche con le gambe per impedire alle bolle corrosive di oltrepassarmi i vestiti. Bruciavo e cadevo nel vuoto.

    Proprio come nel sogno

    Cadevo ancora verso il basso, superai la grata vista durante la risalita, sapevo di dover arrestare la caduta o avrei sbattuto proprio contro la paratia di ingresso. Col rischio di sbattere fuori o peggio romperla rumorosamente.

    Mi decisi, disperato, a estrarre la lama. Mi fermai di nuovo tra le pareti, affondai lentamente il coltello oltre i rattoppi di cuoio per raggiungere il liquido corrosivo sotto le vesti. Fu efficace, una volta toccato dalla lama il liquido scorreva via più facilmente cadendo verso il basso con la stessa facilità con la quale era penetrato sotto le vesti.

    Mi stavo liberando dell'ultima melma all'altezza del collo con un colpo secco di un pugno quando, non so da dove ne come, una lunga protuberanza melmosa mi si avvolse in vita. Più grande e uniforme di tutte le altre.

    Ma cosa??

    Successe molto in fretta: mentre tentavo di svincolarmi da quel tentacolo la luce verdognola ormai affievolita del bastone luminoso, illuminò qualcosa al mio fianco.

    Sgranai gli occhi.

    Un teschio, un cranio umano, senza pelle o carne, fluttuava a un palmo dal mio viso.
    Come se la morte mi stesse guardando dritto negli occhi.

    Eccola

    I miei nervi reagirono salvandomi la vita. Il mondo rallentò, i rumori si attutirono mentre vedevo l'immagine avvicinarsi con lentezza. Sapevo di avere solo un attimo per dare al mio corpo tutte le informazioni necessarie al secondo successivo. Il mio corpo reagì di istinto e tendendo ogni muscolo la presa sulla lama estratta in precedenza si fece salda e decisa, ruotai la mano e mi mossi.

    Un unico gesto mi portò a colpire il cranio fluttuante. La lama passò da tempia a tempia e il cranio si frantumò in due, di netto. Per un attimo mollai la presa sul coltello, col palmo bruciante come a contatto con qualche acido. Strinsi i denti per non urlare.
    La presa in vita si allentava, e la melma densa diventava sempre più liquida iniziando a sgocciolare verso il basso.
    Quelle orbite vuote continuavano a fissarmi mentre il cranio spaccato cadeva lentamente verso il basso avvolto da una melma traslucida.
    Afferrai al volo la lama prima che cadesse con il volto della morte.

    Restai immobile, ansimante, bagnato di quella strana sostanza vischiosa.

    Il cranio cadeva verso il basso, rimbalzò due volte contro le pareti e si perse nel buio.

    Restai a fissare il vuoto.

    Che cosa? Sto impazzendo

    Era così surreale che iniziai a credere di essermi solo addormentato e di aver sognato. Ma la pelle bruciava davvero, il collo era segnato, e sulla lama resisteva una viscida putrida melma.

    La luce andava spegnendosi, non avevo parole ne pensieri. Una mente sconvolta e terrorizzata. Dovevo uscire da quel tubo, e in fretta.
    Ripresi la salita, alienato e con gli occhi sbarrati nel tentativo di vedere nel buio altri segni di morte.

    Non può che essere un presagio, un terribile segno del futuro.


    continua...


    Edited by frederic90 - 6/11/2017, 16:50
     
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    Finalmente avevo raggiunto -di nuovo -l'inizio delle condutture, fino alle cucine. A causa della "morte fluttuante" ero stato immerso in uno strano stato di trans. Il mio pensiero si era fatto piatto e silenzioso. Avanzavo, senza ascoltare i timori che quella cosa aveva instillato in me.
    Sentivo ancora i tentacoli di quell'essere avvolti in vita e le sue orbite vuote osservarmi dal fondo del baratro nero.
    Quell'improvviso scontro aveva un solo lato positivo. Raggiunta la cima, la cucina era finalmente silenziosa. Solo una flebile linea luminosa oltrepassava il piccolo scarico nella parete. Spinsi lo sportello sbirciando oltre, mi issai ancora un po' e mi ritrovai sul pavimento della lurida cucina. Un po' di luce finalmente. Solo una lampada smorta illuminava tutto l'ampio locale ingombro di materiali, tavoli, fornelli e tubi. Eppure dopo tutto quel tempo nell'oscurità mi servì lo stesso qualche secondo per abituarmici.
    La stanza era esattamente come l'avevo impressa nella mia memoria: sporca, puzzolente e unta. Quei locali davano cibo e sostentamento a diversi piani della nave.
    Mi alzai lentamente continuando ad assicurarmi che nessuno fosse nascosto in qualche anfratto, intento a dormirsela fino all'inizio delle attività. Non un'anima sembrava ospitata da quel luogo. Solo casse e barili. Su uno dei ripiani riposavano avanzi di cibo e bottiglie di latta. Avevo lo stomaco contorto, incapace di mandare giù qualcosa che non fosse acqua. Stavo per prenderne dal tavolo, ma optai per quella che mi ero portato dietro. Un gruppo di scarafaggi stava banchettando col cibo del tavolo e almeno una manciata era immersa nella bottiglia dalla quale stavo per attingere.
    Non c'era nulla per me li. Dovevo proseguire e trovare Hope il prima possibile. Ora che ero così vicino a lei sentivo l'irrefrenabile desiderio di stringerla di nuovo. L'avevo salvata una volta e oggi avrei ripetuto quel gesto per restituirle ancora una volta la libertà. Lei, che così tanto mi aveva dato, in così poco tempo del nostro comune cammino.
    Stavo per oltrepassare la pesante porta di ferro verso un corridoio scarsamente illuminato quando ricordai ancora una cosa.
    La mia mano ricordò il mio gesto, un calore intenso, una lama leggera che percorse il palmo della mano.
    Mi voltai lentamente, e li, su quella parete vicino allo scarico, resisteva la scritta coperta da strati di grasso, unto e insetti. Li il mio monito restava impresso. Nessuno si era preso la briga di toglierlo, e nel mezzo delle schifezze della stanza osservavo con orgoglio e determinazione quella intimidazione.

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    Pensare che solo qualche tempo fa avevo rivisto tutto questo in sogno... e ora ero davvero li, pronto a realizzare quanto visto. Nella speranza di un epilogo differente.
    Mi avviai cautamente nel corridoio.
    Non potevo sapere come raggiungere il salone principale, la sala del trono che un tempo fu di Adon.
    Non potevo sapere chi ora giaceva al suo posto, crogiolandosi delle ricchezze e della venerazione degli uomini dell'insediamento di ferro, godendo delle prostitute portate come merce nel ventre della nave.
    Non potevo sapere a quali orecchie stava sussurrando la bocca ammaliatrice di Rabdum, subdolo fraticida e nostro inaspettato complice. Trovare lui sarebbe forse stato l'esito migliore della ricerca.

    Cazzate! L'esito migliore sarà portare Hope sana e salva fuori di qui

    Tuttavia era vero, Rabdum avrebbe sicuramente avuto informazioni sugli spostamenti della ragazza dopo la nostra fuga. Fossero anche notizie di morte le avrei accettate con quieta pace. Sapendo di aver fatto tutto il possibile per compiere il mio dovere verso di lei.

    Avanzavo nei corridoi e mi accorsi presto che procedere silenziosamente era quasi impossibile in una struttura interamente metallica, ormai corrosa dal tempo e dagli uomini, spesso riparata con altrettante dosi di assi e paratie metalliche. Ogni passo veniva propagato sulle superfici come una increspatura nell'acqua. Io stesso avvertivo rumori di zone adiacenti, sopra o sotto il ponte in cui mi trovavo, di persone che camminavano e voci che discutevano in altre stanze o su altri piani. Decisi di non badarci e di procedere in modo più naturale possibile sperando che chiunque mi avesse incrociato semplicemente non badasse a me.
    Ogni corridoio era debolmente illuminato qua e la da luci sul soffitto, alcune della struttura originale altre aggiunte in seguito. Attraversai poco alla volta corridoi, saloni, e camere più piccole. Per ora, in questa parte della nave non c'era una folla così numerosa come quella che mi sarei aspettato. Certo, eravamo nel bel mezzo della notte e come prevedibile la maggior parte degli abitanti di questo squallido ma sicuro insediamento erano per lo più rintanati nelle loro stanze. Attraversai dormitori comuni, alloggi più o meno dignitosi in cui più di qualche uomo e donna dormiva in semplici brande. Mi liquidavano con un disturbato Ehi tu! Fuori dalle palle!!. Non me lo facevo ripetere. Sembravano non dare peso a me, come abituati a dividere quei luoghi con molta altra gente di passaggio. Ma procedetti ugualmente con cautela.
    Stavo percorrendoun corridoio quando dei passi pesanti e voci di uomini concitate si avvicinarono. Mi rintanai in un angolo, mi buttai a terra, nascosi lo zaino sotto di me e lo usai come cuscino improvvisato, rannicchiandomi su me stesso fingendo di dormire, cappuccio sulla testa e schiena verso il corridoio. Il gruppo di uomini passò velocemente affianco a me, discutendo su un presunto scontro sul "ponte sette". Mi ignorarono ed io ignorai loro. Solo con la coda dell'occhio vidi i pesanti anfibi allontanarsi.

    Pensavo che avrei presto trovato qualcosa e invece nulla. Mi accorsi di aver girato in tondo due volte durante i miei spostamenti. Mi avvicinai al ponte esterno senza però voler rischiare di percorrerlo. Le guardie armate erano sicuramente maggiori e non ero certo che fosse un luogo permesso ai più. Restare nel ventre, come i topi e i clandestini, era sicuramente meglio.
    Decisi che era il momento di avere delle risposte chiare da qualcuno del posto.

    E le risposte arrivarono da un improbabile aiutante.

    Presi a percorrere nuovamente uno dei corridoi vicino agli alloggi. Ponderavo l'idea di minacciare o corrompere uno degli uomini sorprendendolo nel sonno per fargli sputare ogni informazione utile. Scelsi un portellone qualunque, già semi aperto. Sbirciai dentro e solo un uomo sembrava raggomitolato in un giaciglio a terra. Spalancai leggermente la porta quel tanto necessario ad entrare nella stanza buia, feci un passo indietro controllando il corridoio e afferrando il coltello.
    Ero pronto a fare un deciso passo per entrare quando in un attimo sbattei contro una bassa figura: un bambino stava venendo fuori dalla stanza, carico di oggetti tenuti con un braccio e una grossa sacco nell'altra. Il suo passo delicato per uscire dalla stanza di scontrò col mio deciso proseguire verso l'interno. Il risultato fu uno scontro netto sulla soglia. Io sbattei contro la parete e lui, piccolo e fragile già solo all'apparenza, cadde all'indietro mandando a terra il suo carico dentro e fuori la stanza. Un rumore secco e metallico seguì al cadere degli oggetti che portava.
    Spaventato lo guardai preoccupato ma lui era già in piedi mentre un allarmato LADRO!! rimbombò all'interno della stanza. Il bambino stava già correndo dopo un rapido salto oltre la refurtiva a terra
    Moccioso io ti ammazzo!!!
    Rumori concitati dentro la stanza. Era proprio quello che sembrava e io restavo li in mezzo al corridoio a non capire che cosa fare, il mocciosetto stava sparendo oltre un angolo. In un secondo capii che, in preda al panico, c'era una minima possibilità che proprio quel piccolo marmocchio di un ladro sapesse dove andare a rifugiarsi. Corsi velocemente dietro di lui seguendolo nel corridoio e dietro l'angolo.
    BANG BANG Due colpi di arma da fuoco rimbalzarono contro la parete appena fiancheggiata. Mi lasciai alle spalle un uomo urlante e un fremito di voci in subbuglio. Il piccoletto intanto correva veloce percorrendo uno dopo l'altro corridoi e sale.
    La mia intuizione era stata corretta?
    Ero due passi dietro di lui, deciso a capire dove avrebbe rintanato le sue mani furtive. Svoltò un altro angolo. E sparì. Letteralmente non era più nel corridoio. Sarà passato un secondo da quando lo avevo visto svoltare e nulla, possibile?
    Mi guardai velocemente alle spalle. Passi veloci calpestavano il corridoio sbraitando insulti accompagnati da compagni altrettanto bellicosi.
    Non avevo sbagliato, il moccioso sapeva dove infilarsi per fuggire ai suoi inseguitori.
    Pronto a filarmela altrove guardai nuovamente il corridoio, ma una piccola paratia si spostò un attimo dopo. Di qua! faceva segno una piccola manina.
    Dovetti allungare prima lo zaino e poi entrare strisciando i fianchi contro il metallo in un piccolo buco nel muro.
    Ero tra due paratie, a malapena riuscivo a starci ranicchiato. Il bambino si mise un dito sulla bocca invitandomi al silenzio. Sul suo viso si leggeva più divertimento che paura.

    Passarono veloci i passi di due o tre persone con la voce che prima aveva urlato che ancora sbraitava. Sul viso del piccolo si illuminava una immensa soddisfazione. Lo vedevo meglio, ora, grazie alla luce che filtrava tra le connessioni tra le paratie.

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    Stringeva un coltello nella mano ferma, nessun segno di paura ne in viso ne in corpo. I capelli rossi sporchi di grasso e una collana "alla moda" dell'esercito del vecchio mondo. Mentre rideva ascoltava attentamente i rumori all'esterno per capire quanto lontano andavano i passi inseguitori.
    Lo incalzai, anche io stringendo il coltello in mano, ma convinto che non sarebbe servito.

    Grazie. sussurrai.
    Ho bisogno di trovare il salone principale. Quello col grande trono su cui sta il vostro capo e l'uomo tatuato. Posso pagarti, o darti dell'altro... come vuoi.

    30 pietre nere, 3 proiettili della tua pistola e 3 sigarette. O mi metto a urlare in mezzo al corridoio Sussurrava.
    35 pietre nere, 4 proiettili e un coltello nuovo. Non ho sigarette... ah, e mi porti fino al salone. non rischiavo di perderlo, ma il bambino sapeva il fatto suo e probabilmente sapeva come girava la vita qui dentro.
    Ok, ma voglio anche il mio nome nella tua storia. Aggrottai le sopracciglia sorpreso. Non so cosa vedesse in me quel ragazzo, forse solo una avventura inusuale, o forse si riferiva a qualche usanza dell'insediamento.
    Allargò la mano in attesa del pagamento, ci posai il coltello e una ventina di boinn. Il resto quando arriviamo, ti pare...?
    Kellin...
    Ok Kellin, sono Xylos, andiamo.

    Quell'inaspettata guida percorse tre rampe di scale scendendo verso i piani bassi della nave.
    I clandestini non hanno vita lunga su questa nave... mi disse mentre camminava veloce.
    Pensavo che neppure i ladri avessero vita lunga
    Vero, ma non vanno a cercarsi guai col Capitano o col TestaPelata proprio nella Sala del comando, no?
    Hai ragione, ma ho un lavoro da fare
    Bah, come vuoi... io ti ho avvertito
    Mi fece percorrere tutta la lunghezza della nave e credo passammo sotto il ponte esterno tanto da arrivare a prua, o a poppa dipende. Fatto sta che qualche minuto dopo eravamo dall'altra parte della nave, avevamo percorso corridoi per lo più deserti affiancando zone dalle quali proveniva un gran vociare e saloni su cui si muovevano gruppi di persone. Ma non li incrociammo mai, ci passammo sempre sotto, sopra o affianco.
    Siamo quasi alla Sala del Comando. disse rallentando e guardando i corridoi per orientarsi meglio. La sala "del trono" come dici te. L'uomo chiamato Rabdum e il Capitano potrebbero essere ancora li, studiano le carte delle stelle e i piani di pattuglia ogni notte... o almeno, così dice mia sorella.
    Si fermò di fronte a un portellone come tanti altri, con una grande maniglia circolare al centro.
    Sei arrivato. sussurrava Percorri il corridoio e sei nel salone... Buona fortuna... signor Xylos. mi disse aprendo la mano in attesa del resto del suo pagamento. Glielo consegnai inginocchiandomi di fronte a lui. Speravo davvero che quelle cose potessero servirgli per qualche giorno di serenità dentro questo squallore.
    Aspetta... ancora una cosa. Chi è diventato il Capitano? Cioè... dopo Adon.
    Dopo che è morto il Capitano, lo diventa il figlio di Adon... Mia sorella dice che è nato il giorno in cui Adon è morto. Però fino a che non sarà grande comanderà insieme all'uomo coi tatuaggi.
    Come temevo Rabdum potrebbe aver preso il comando proprio in vista del successore, che ora non poteva avere più di qualche mese di vita. Ricordai in un attimo come proprio quell'evento ci salvò il culo.
    CITAZIONE
    Adon... fratello mio!
    Da un cono di ombra alle spalle del capo di quelle Iene uscì un'altra persona; indossava una lunga tunica scura, era calvo ed aveva gli occhi infossati e contornati da spesse occhiaie. Inoltre la sua faccia era completamente ricoperta da strani tatuaggi, raffiguranti parole altrettanto bizzarre.

    Fece un paio di passi nella nostra direzione, guardando Glitter, Joe e me ancora riversi a terra.

    Si da il caso che una delle tue spose stia per partorire... mi sono precipitato quaggiù per portarti la lieta notizia!
    La faccia di Adon si aprì in un grosso sorriso e scoppiò in una grassa risata.

    Le trame del destino sono incredibilmente intrecciate.
    Avrei forse risparmiato i frutti del seme di Adon, ma non avrei promesso lo stesso a Rabdum. L'unica sua salvezza era aver assicurato la salvezza di Hope. Ero sicuro che il messaggio di sangue aveva raggiunto in qualche modo le orecchie del reggente.
    Grazie Kellin. Ora va. Tra poco qui ci sarà molto casino.
    Aprii la porta, percorsi una breve camera buia e oltrepassai un'altra soglia, verso il salone illuminato. La pila di pneumatici sosteneva una logora poltrona che svettava qualche gradino più in alto. Camminai entrando nel salone, ornato di drappi e colonne a cui erano appese delle torce dalla luce tremolante era occupato al centro da un grosso e massiccio tavolo. Seduto di fronte a carte e tomi c'era lui. L'uomo tatuato, il reggente, TestaPelata, Rabdum, il fratello del precedente Capo.
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    Sollevò appena lo sguardo prima di saltare in piedi, inciampare, ritrovarsi a terra, tremante.
    TE? TE?urlava mentre strizzava gli occhi sperando che io sparissi dalla sua vista Come? COME?
    Avanzai verso di lui portandomi al suo fianco.
    GUARDIE!!
    Riuscì ad urlare prima che la mia lama nera si posasse sul suo collo pallido.

    Dimmi
    Dove
    Trovarla!

    sollevai Rabdum ponendolo davanti a me per usarlo come scudo.
    Non puoi... come hai fatto... sino a qui... Strinsi il coltello contro la sua pelle.
    Una porta sbattè d'improvviso. Continuai a guardare Rabdum.
    Se vuoi vivere, dimmi. Conosci le mie minacce. Abbiamo ucciso tuo fratello. Sei in vita solo grazie ad Hope, portami da lei e ti risparmierò.
    Tre uomini entrarono armati con pistole puntante nella nostra direzione, urlarono contro di noi e allertarono i corridoi esterni NON SPARATE!! Si affrettò a urlare Rabdum, costringendosi a graffiarsi la pelle sulla lama. Una goccia di sangue scese lenta mentre i tre si appostavano prendendo la mira.
    Arretrai verso il trono, salendo qualche gradino.
    Te lo dirò, si si. Non uccidermi. Parlava tremando e reggendosi a stento sulle sue gambe. La voce tradiva terrore e codardia. Avrebbe venduto suo fratello per salvarsi la vita. Anzi, lo aveva già fatto.
    Lei è qui, ma non la porterai via, non te lo permetteranno.
    Strinsi la presa digrignando i denti e parlando con rabbia.
    Rabdum, sarai tu a permetterglielo, non io! Dimmi dove! ansimavo sul suo collo.
    QUI, qui. Lei è qui. Ma... lasciami andare... LEI
    Non riuscì a finire la frase. Dietro di me un colpo secco sulla nuca mi costrinse ad accasciarmi a terra.
    Io caddi di lato, tirandomi a terra anche Rabdum, che sorpreso rotolò giù dagli scalini.
    Assecondai la mia caduta, mentre il dolore alla nuca mi faceva chiudere gli occhi continuai a rotolare di lato sapendo che ormai, separati, nulla fermava le guardie.
    BUM BUM BUM BUM BUM proiettili volanti sbattevano ovunque.
    Prima che potessi ripararmi dietro una colonna un proiettile mi attraversò il polpaccio costringendomi a strisciare ancora di più.
    Possibile che sia la fine, così?
    Un colpo alle spalle, troppo preso dall'affanno di sapere. Ecco la fine di Xylos.
    Le pistole ricaricarono, ebbi solo un attimo per osservare le guardie puntare di nuovo, Rabdum ancora a terra. L'energumeno che mi aveva colpito alle spalle farsi vicino al reggente ponendosi tra me e lui.

    BANG

    FERMI!


    BANG

    GIU' LE ARMI!!


    Una voce sbraitava ordini. Io, ansimante stringevo la ferita della gamba.
    Una voce di donna.

    Portatelo qui. ADESSO!



    Dei passi fermi percorrevano la stanza, i pneumatici del trono scricchiolavano sotto il peso di quella voce. Una voce decisa. Una voce stranamente familiare.
    Mi afferrarono da ogni parte, trascinandomi di fronte al trono. Senza complimenti mi fecero inginocchiare piegandomi gambe e schiena per ritrovarmi chino a terra. Urlai per la gamba ferita e sanguinante.
    Sollevai leggermente il viso, cercando di guardare chi aveva, in questa stanza, nuovamente messo a freno la venuta della morte.
    Rabdun stava sistemandosi gli abiti e teneva una mano premuta contro il collo, al lato destro del trono. Alla sinistra invece un grosso e bitorzoluto energumeno zoppica fino a portarsi due passi più indietro, nell'ombra.

    Sul trono, seduta con le braccia distese sui lati, una donna esile, semi svestita, dalla pelle pallida e i lunghi capelli raccolti dietro le spalle.
    Mi fissava con occhi penetranti. Vestita appena da un sottile tessuto nero che le avvolgeva gli arti, l'inguine e il seno, mostrava un ventre leggermente rigonfio.

    Lasciatelo.


    Alzai ancora lo sguardo.

    Sei tornato... XYLOS.



    HOPE



    continua...
     
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    Mi piace un sacco Xy, come ti ho già detto in privato!
    L'idea di Hope che mi ero fatto coincide con la tua visione: ne sono stato piacevolmente sorpreso! Ero proprio curioso di scoprirlo, in effetti!
    Resta l'ultimo interrogativo! Chi è la nuova HOPE?

    Intanto prenditi 14 PC che te li sei meritati!
     
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3 replies since 26/10/2017, 17:06   91 views
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