Il mistero delle ombre perdute.

Scheda | Età: 36 anni
Maestria: Ricucitore / Discepolo delle Sabbie
Dono: Bradicardi Naturale | Razza: Umano
PF 59/59 | Strategia 37

Allora è vero?! il Sarto iniziò a girare intorno all'indigeno cercando dove fosse nascosta l'ombra. Si mise poi a fare ombra all'uomo con la propria ombra, poi si tolse di colpo, poi ancora, poi di nuovo via E nessuno si é accorto di qualcosa di strano? Cioè tutti vi siete alzati la mattina e BOOOM niente più ombra?!

Poi si guardò intorno Ma come mai vi siete ridotti così? Quei cadaveri dico, vi siete nutriti di loro o avete fatto delle pratiche strane per roba strana? ondeggiò la mano a mezz'aria come a dire "roba da matti, ecco"

Link Scheda | Età: 25 | Archivista | Tachicardia naturale | umano | PF 37/37 | Strategia:42

Poteva ancora sentirli, nel buio sudicio della metropolitana. Lamenti metallici fuori dall’umana comprensione. Il terrore viscerale che afferra la bocca dello stomaco e la stringe, sussurrandoti all’orecchio che presto sarà finita.

Presto sarà tutto finito.

La torcia a terra non smetteva di ruotare, i suoi compagni lo guardavano senza vederlo, con il viso imbambolato in un’espressione di plastica. Manichini con bottoni neri al posto degli occhi, ecco cos’erano.


La Dam. Malediceva il capitano per aver fatto porto in quella terra senz’anima. Malediceva tutti i fattori che lo avevano condotto in quella sconclusionata avventura. La nave su cui erano salpati stava ora baciando il fondo della baia, assieme alle parti più pesanti dei corpi maciullati. Tallis era scomparso ancora prima che raggiungessero l’entroterra. Il suo destino era ben chiaro a tutti, ma nessuno voleva pensarci. Forse a Be non importava nemmeno. Cross… lui era completamente pazzo.

Quando le bestie d’acciaio emersero dalle acque, fu il panico. E cosa resta ad un uomo della sua moralità quando vede la propria vita scivolare via come pioggia? Nulla.
Se prima poteva esistere un gruppo, in quel momento si sciolse completamente. Le persone correvano senza nemmeno guardare indietro, incuranti della sorte di quelli che fino a qualche istante prima chiamavano compagni. Alcuni affogarono immediatamente, altri presero a nuotare con la stessa foga di Phelps ad una finale di campionato. Nulla fu utile. Durarono solo qualche attimo in più degli altri, quanto bastava per ringraziare il Nuovo Mondo dell’ennesima presa per il culo.

Continuò a camminare nell’oscurità dei tunnel e si ritrovò solo.
Dei suoi compagni nessuna traccia. Eppure erano lì, un attimo fa.
Il silenzio sempre più avvolgente.

Qualcosa non va, Irving.
Vuoi sapere cosa?
Sei tu.

Occhi arancioni illuminarono il fondo del tunnel con la stessa intensità di una luce industriale. Il suono graffiante delle vertebre in tensione di quella cosa. Lo aveva trovato.
Si inginocchiò a terra, pregando il Dio in cui non aveva mai creduto.
E gli occhi si avvicinarono. Le lame pure.

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Si svegliò nella sudicia stiva del cargo dove era imbarcato. La sensazione era quella di essere riemerso da un’apnea durata settimane. Le mani non smettevano di tremare, la fronte madida di sudore. Lo stesso che gocciolava sulle pagine aperte dei libri.

Un incubo, Irving. Solo uno stupido incubo.
Eppure sembrava così reale.

C’erano solo due vie per oltrepassare il Deserto di Vetro. Una si snodava lungo le tratte del commercio navale, che attraversavano le coste del Continente Nord fino a giungere in quello che restava dell’Africa. L’altra era via aria, a bordo dei dirigibili che i Golden Bullets utilizzavano per il commercio di bocche da fuoco e munizioni. Scelse il mare per merito di una fortuita coincidenza, se così vogliamo chiamarla.

Il vecchio medico del mercantile si ammalò di Dio-solo-sa-cosa e - pochi giorni prima della partenza - si fece saltare il cervello con un fucile a pallettoni. Risultato: Irving decise di ricoprire quel ruolo per il tempo del viaggio, offrendo le sue conoscenze in cambio di un passaggio sicuro.

Attraccati sulle coste del Sud, il rapporto di affari si interruppe. Qualche freddo saluto, forse un rauco “grazie” da parte del marinaio che aveva strappato dalle braccia della Dolce Muerte. Osservò la nave allontanarsi nella spuma. L’acqua, verde come se ci avessero ficcato dentro del colorante, emanava un puzzo dolciastro da decomposizione. Per sua fortuna non poteva sentirlo, attraverso la maschera.

Era naturalmente incuriosito dall’annuncio, ma scettico allo stesso tempo. Aveva sempre lasciato i discorsi sulle maledizioni sciamaniche e su un presunto uomo invisibile nei cieli agli sciocchi che potevano bere il dolce nettare dell’idiozia. Non era stato un volere soprannaturale a ridurre il mondo in cenere. La colpa apparteneva solo alla razza umana ed alle sue smanie autodistruttive. Eppure un sibilo nel cervello gli imponeva di controllare di persona, di accertare che la situazione fosse realmente quella descritta. Se fosse andata male, avrebbe sempre potuto offrire la sua esperienza in medicina e tecnologia a chi poteva permettersi di comprarla. In fin dei conti, un posto valeva l’altro. Il mondo faceva schifo in ogni angolo.

Potrete quindi immaginare il suo stupore.

Restò a distanza di sicurezza dall’uomo senza ombra, osservandolo con rapide e mirate occhiate. La situazione era tanto paradossale da inorridirlo. Non poteva certo essere uno strano gioco di luci a generare quell’effetto alienante.

Squadrò i suoi compagni - o presunti tali - rivolgendo loro un impacciato saluto con la mano destra, mentre con la sinistra faceva scivolare lo zaino a terra. “Io s-sono Irving” disse, rivolto a Russ.

Una volta estratto il bisturi, si avvicinò ad uno dei cadaveri e si sedette sulla sabbia a gambe incrociate, con il libro di anatomia in grembo. Di corpi dilaniati ne aveva visti parecchi e ricuciti altrettanti. Non c’era disgusto nel suo sguardo, occultato dalla maschera in gomma. Solo intenzione di apprendere, come uno specializzando davanti al primo intervento. Incrociò lo sguardo dell’uomo con cui Russ stava parlando, come per chiedere il permesso.


Un brivido congelato gli attraversò la schiena. Cercò di non farlo notare, ma la presa sullo strumento medico vacillò per un secondo. Perdere il bisturi nelle viscere dell’uomo non sarebbe stato un grande inizio.

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PF 59/59 | Strategia 37

Cody esplose in un viscido SPLUT! che lanciò sui presenti una pioggia di materiale biologico Porca merda! il Sarto fece d'istinto un passo indietro e sollevò le mani cercando di scansare quello schifo cellulare. Si ispezionò a da cima a fondo, il palmo ed il dorso della mani Ecco, siamo infetti! poi guardò gli altri cercando di capire chi fosse stato il più "esposto" allo tzunami di budella.

Peggio di un'eiaculazione contro il muro! Non possiamo raccogliere materiale da studiare nemmeno se utilizzassimo un cucchiaino ... disse con una certa frustrazione Ehi, dico a voi! richiamò a voce alta e tonante gli altri superstiti Qualcuno senza ombra venga qui se vuole dare una speranza a tutti quanti! rovistò nello zaino e ne tirò fuori una siringa Mi serve un prelievo di sangue

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Esaminò a fondo il cadavere, constatando che le lacerazioni non potevano essere causate da nessun tipo di animale. Gli squarci erano troppo profondi e l’entità delle ferite non corrispondeva a nulla che avesse mai visto. Ripose il bisturi, tornò in piedi e si lasciò andare ad un profondo sospiro. Non capiva.

“Nessun v-virus o veleno p-può fare questo. E’ come… c-come se il corpo sia…”

Fece appena in tempo a voltarsi per assistere alla sofferenza di Cody. Istintivamente, mise una mano davanti al volto e si allontanò di qualche passo. Questione di qualche momento e l’uomo esplose davanti a lui, ricoprendolo di sangue e viscere.

“…esploso dall’interno.”

La scena fu surreale. Rimase impietrito, sconvolto. Tutte le ipotesi che aveva costruito durante il tempo del viaggio vacillarono e si infransero al suolo. Iniziò a ripulirsi dalla materia biologica del defunto, ma le mani tremavano talmente tanto che l’unico risultato che ottenne fu quello di spargere brandelli di interiora per tutti i vestiti. Puntò gli occhi verso la sua ombra, per controllare che fosse ancora presente.

Pulì le lenti della maschera con il dorso della mano, poi si rivolse ai suoi compagni. La voce era a malapena udibile, gracchiante. Come ascoltare a distanza il richiamo di un corvo: “Stiamo s-sbagliando pista, Jeremy. I c-corpi non hanno segni evidenti di infezioni, controlla tu st-stesso. Dovremmo concentrare le ricerche sul tragitto dei carovanieri, o sulle parole di questi… reietti” disse, puntando il dito in direzione degli abitanti.

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D'accordo per uomini, animali e piante, ma gli oggetti? No, lì c'era qualcosa che trascendeva le comuni regole infettive e le più diffuse dinamiche di mutazione. Prelevò il sangue certo che, un giorno o l'altro, gli sarebbe potuto tornare utile, poi si voltò per dare una prima occhiata a quell'edificio in rovina senza ombra quando ...


... si toccò immediatamente i gioielli di famiglia Non lo dire nemmeno per scherzo! Se hai voglia di farla finita subito ti posso regalare una pallottola tirò fuori la pistola ed un proiettile 9x19mm standard. Mentre attendeva la decisione del villico iettatore, si rivolse allo Studioso Hyena, tu hai presente cosa stai lasciando intendere, vero? Che qui ci sia qualcosa di ... magico? Sovrannaturale? Divino? Cioè, vogliamo davvero credere a questo? scosse il capo Mi rifiuto di crederlo! Tu, biondo! ... disse a Yùnqì ... fatti indicare la catapecchia di Cody e recupera il diario di questo pazzo esploso. Noi continuiamo ad analizzare qui.

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Osservò le macerie dell’abitazione. L’incredulità dello sguardo ben celata dalla maschera in gomma. Si sistemò il cappello sulla testa, togliendo gli ultimi pezzi di Cody.

Girò lo sguardo in direzione del Sarto, indicando il cielo con la mano destra. “Divino? Non s-sono uno sciocco, Jeremy. Non credo nella m-magia, ma nella tecnologia ci credo parecchio. Ho letto molti libri del vecchio mondo. Esistevano strumenti bellici fuori dalla n-nostre più m-malate fantasie. Credo a questo.”

Parlò a voce bassa, in modo da essere udito esclusivamente dai suoi compagni. Alle parole di Russ, si voltò nella sua direzione. “I corpi non sono m-malati, almeno non nel senso st-stretto del termine.” Di nuovo verso il Sarto: “Proviamo ad inserire i filtri nelle maschere. Scopriremo se nell’aria è s-stata rilasciata una qualche sostanza allucinogena”

Appoggiò lo zaino a terra, prese il filtro nuovo e sostituì quello vecchio. In realtà non credeva molto nella sua ipotesi, ma l’unica possibilità era quella di procedere per tentativi, con rigoroso metodo scientifico.

Prese poi il taccuino ed iniziò a descrivere in modo dettagliato la situazione, per poter - in un secondo momento - rileggere gli appunti e ragionare a mente fredda. Sulla prima pagina scrisse ‘Il mistero delle ombre perdute’.