[R.A.G.] - FlashBACK // The WORLD's on FIRE

R.A.G. - Jass Kreitfober

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    Jass Kreitfober

    Scheda | Età: 29| Maestria: Ricucitore| Dono: -| Razza: Umano| PF 34/34 | Strategia: 39

    #0 - The COLDest of places
    Music ON: Soldierstown - Black Star Riders

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    ***
    Il lavoro del Ricucitore era noioso.

    Jass si accasciò sul librone d’inventario, lasciando andare uno sbuffo stizzito nell’aria gelida, che sollevò una ciocca riottosa sfuggita dal pesante ushanka calato fin sopra gli occhi.

    Spostò lo sguardo verso la finestrella sopra la sua testa, da dove la luce delle torrette di sicurezza entrava a intervalli regolari, illuminando la stanzetta ricavata in un angolo di quel magazzino. Era rintanato lì dentro da parecchie ore ormai, appollaiato su uno scatolone dopo aver smontato il consueto turno di guardia.

    A Faro Siberia c’erano lavori che nessuno voleva fare e il suo compito stava proprio nel prendersi briga di quegli incarichi, da Ricucitore quale era. Si strinse nelle spalle, infagottandosi fino alle orecchie nel pesante giaccone, per poi tornare a controllare pillola dopo pillola le riserve di medicinali dell’insediamento.

    Il silenzio della notte lo aiutava a concentrarsi, mentre cercava di ignorare i morsi della fame che quegli straordinari risvegliavano nel suo stomaco. Aveva lasciato una parte della sua razione a Lena quella sera, per quel motivo che conoscevano benissimo tutti e due.

    Le labbra si piegarono verso il basso al pensiero: se doveva essere sincero con se stesso, quella condivisione non era stata davvero mossa da ciò che avrebbe dovuto essere il suo neonato senso paterno. Piuttosto, era la reazione naturale a un istinto di conservazione che qualsiasi Ricucitore avrebbe avuto verso le pretese di un Cacciatore.

    Tuttavia, Lena Volkova non era solo una Cacciatrice capace di spaccargli la faccia a randellate: era sua moglie e la futura madre del suo primo figlio - o figlia, non che facesse differenza per lui.

    Aveva però una certezza: sarebbe stata una bocca in più da sfamare.

    In quel momento si ricordò del pezzo di carne secca che tovarish Krov gli aveva allungato con una smorfia divertita, mentre si allontanava dal Refettorio: a differenza della figlia, doveva aver apprezzato quel gesto da bravo zyat. Recuperò l’involto nelle tasche del giaccone, ficcandosi tra le labbra quella striscia stopposa, più bruciata che affumicata.

    Tornò a concentrarsi sul lavoro, masticando lentamente l'inaspettato spuntino notturno: aveva una tabella di marcia da rispettare, per poter concludere l’inventario prima della spedizione annuale all’insediamento di Barnaul.

    ***


    “È un grande onore farne parte, mein Sohn.”

    Suo padre gli aveva arruffato i capelli induriti dal gelo, mentre tornavano a passi veloci verso gli alloggi, sotto la neve che cadeva copiosa.

    “Krov…
    Herr Volkov ha messo una buona parola per te, al Consiglio: Ricucitore o Cacciatore che sarà, quella vostra creatura è importante per le nostre famiglie.”

    Gli aveva comprato un nuovo coltello, mercanteggiando a minacce più o meno colorite con il gestore dell’emporio.

    “Per questo prezzo ci dai anche un buon affilatore, strozzino maledetto che non sei altro” aveva aggiunto sua madre, tenendo fede a quel sangue di Cercatore che le scorreva nelle vene. “Mio figlio va a Barnaul anche per farti guadagnare i tuoi sporchi Boinn, ricordatelo.”

    ***


    Jass si massaggiò i muscoli del collo, indolenziti dopo quelle lunghe ore rannicchiato sul suo tavolaccio di lavoro. Osservò soddisfatto i documenti impilati davanti a lui, mentre le dita scorrevano lungo la forma dell’arma che teneva nascosta tra le pieghe del giaccone.

    Si ritrovò a soppesare tra le mani quel coltello, la lama che riluceva nel chiarore del mattino grigio che iniziava. Rimase a studiarlo per qualche lungo minuto, come un oggetto alieno caduto dal cielo.

    Sorrise tra sè, socchiudendo gli occhi nello sfiorare il metallo freddo: era curioso di conoscere il suo futuro.

    Chissà chi sarebbe stato il primo a cadere, sotto il filo di un Ricucitore.
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    Edited by Akainatsuki - 26/3/2018, 21:49
     
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    Jass Kreitfober

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    #1 - FACE to FACE, SHOULDER to SHOULDER
    Music ON: Mighty Long Fall - One Ok Rock

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    ***


    Lande innevate separavano Faro Siberia dagli altri insediamenti, tagliate dal serpente nero e sbuffante della ferrovia che attraversava quel luogo gelido dimenticato dagli Dei.

    Jass aveva trascorso il viaggio ingobbito tra le scorte di medicinali, di guardia come altri Ricucitori, nell’evenienza che il convoglio fosse stato attaccato da qualsiasi essere tanto folle di affrontare quell’inferno di ghiaccio nel bel mezzo del nulla.

    Cacciatori e Guardie sono l’attacco prima della difesa. Così diceva una massima che ciascuno aveva mandato a memoria tanto tempo addietro, insegnata quando per la prima volta erano stati gettati nella neve a sputare sangue da qualcuno parecchio più grande, grosso e ben armato di loro.

    Mentre scendeva le scalette traballanti del treno e il freddo tornava a mangiargli le guance, Jass si ritrovò a cercare Lena con lo sguardo, confusa tra gli altri Cacciatori nelle operazioni di sicurezza del carico.

    Storse la bocca in una smorfia nel scoprirla armata, come sempre pronta alla prima linea.

    Ci aveva provato a farla ragionare, convincerla con le buone, ma senza successo: per tutta risposta, lo aveva sfidato a un combattimento last man standing nel cuore della notte nevosa. Come il suo istinto di sopravvivenza gli aveva suggerito, aveva preferito rinunciare.

    “Qualche dumm attaccherà” aveva sbattuto un pugno contro il muro del loro cubicolo, fissandola negli occhi. “Droghe o medicine, non c’è differenza: e lo stesso vale per te. Non avranno remore a…”

    Aveva schioccato la lingua, senza trovare le parole.

    “Lo stesso vale per me,
    dumm.” Gli aveva rivolto un ghigno di scherno, accarezzando con la punta delle dita lo Sfondacrani. “Non avrò remore a fargli esattamente quello che stai pensando.”

    Sospirò, tornando a occuparsi degli scatoloni da scaricare, mentre cercava di liberare la testa dai pensieri, ignorando il vociare che gli arrivava alle orecchie.

    In fondo, che fosse maschio o femmina, vivo o morto, non avrebbe fatto differenza per lui.

    ***


    Il tempo a disposizione nell’insediamento di Barnaul era limitato per la spedizione annuale dei Ricucitori: per questo le giornate iniziavano sempre troppo presto e si concludevano sempre troppo tardi, lasciandoli sfiniti, la mente annebbiata dalle esalazioni di medicinali e malattie.

    A ogni nuovo paziente, Jass ripeteva dentro di sé il saluto che accompagnava ogni partenza, pronunciate dal Protettore in persona, sotto la neve incessante.

    È una sforzo necessario. Per garantire la purezza dei nostri fratelli umani, perché la minaccia mutante è subdola e pericolosa, nascosta agli occhi dei comuni.

    Era impegnato a recitare quella manciata di parole, quando il suono dell’allarme riempì l’aria del campo in cui aveva la sua postazione, seguito dalle urla dei coloni.

    Si affrettò nel raccogliere le razioni di medicinali che aveva con lui, per poi correre verso il magazzino dove già altri Ricucitori avevano iniziato ad accatastare la loro parte, e le armi si sostituivano a bendaggi e pillole.

    Guardie e Cacciatori si affiancarono a loro in silenzio, i denti scoperti nel percepire i passi che avanzavano sulla neve dura, rimbombando nell’immobilità di quel giorno grigio.

    “Dall’Abisso con dannazione” mugugnò l’uomo che gli si era piazzato accanto, stringendo la presa sulla Frantumatrice. Alzò il mento, indicando l’ammasso scuro in movimento sulla linea dell’orizzonte.

    Jass seguì il suo sguardo e per la prima volta li vide, vivi, i mutanti contro cui Faro Siberia si era innalzato in quella distesa innevata.

    La mano scivolò verso il coltello che teneva infilato nella cintura, mentre il cuore iniziava a pompare più veloce a ogni nuovo centimetro che quella massa guadagnava attraverso la pianura ghiacciata.

    “Voialtri difendete la baracca finché non vi staccano la faccia a morsi” sputò l’uomo a terra, rivolgendogli un’occhiata di sadico divertimento. “Cercate di non morire tutti, perché dopo servite per ricucirci.”

    Si staccò da lui, unendo la sua voce alle grida di battaglia, alzando in aria l’enorme arma, prima di iniziare a prendere velocità contro quello che Jass aveva imparato a conoscere come la forma tangibile del Male.

    Lasciò andare un sospiro pesante, mentre rigirava tra le dita i coltelli da lancio che portava sempre con sé, nascosti nel bavero della sua malandata divisa da campo: aveva cercato Lena con lo sguardo, tra gli altri Cacciatori in marcia, ma lei non c’era.

    Cercò di regolare il respiro, stringendo i denti, ignorando le immagini che avevano iniziato a correre troppo veloci nella mente, ma ormai non aveva più tempo per pensare.

    Qualcosa si era mosso alle spalle, schiacciando la coltre scricchiolante, rivelando la sua presenza. Si voltò di scatto, armi in mano, pronto a colpire. Essere umano o mutante che fosse, avrebbe affondato fino all’ultimo spasmo.

    Serrò la presa e tese i muscoli, mentre la neve tornava a cadere sull’insediamento di Barnaul, attutendo i rumori del mondo attorno e della sua guerra.
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    Edited by Akainatsuki - 26/3/2018, 21:50
     
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    Jass Kreitfober

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    #2 - The OTHER
    Music ON: Rx (Medicate) - Theory of a Deadman
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    ***


    “Chi è quello?”

    La voce di Lena sibilò alle spalle di Jass, gracchiante sotto la maschera, mentre una mano gli artigliava la spalla in una morsa, costringendolo a interrompere il lavoro di inventario che gli era stato assegnato durante quel periodo di convalescenza.

    Soffocò una smorfia di dolore, quelle dita che lo tormentavano nell’esatto punto in cui era stato ferito al campo di Barnaul: era nella natura di Lena trovare divertente maltrattarlo, fino a trovarsi un coltello sguainato alla gola che non avrebbe avuto difficoltà a ritornare contro il suo proprietario.

    Muzhenek caro, vuoi rispondermi?”

    Strinse la presa, gli occhi che brillavano famelici, intenti a squadrare la persona stesa su un materasso buttato a terra tra tanti altri, nel Lazzaretto.

    La massa disordinata dei suoi capelli biondastri gli solleticava il naso, mentre il pizzicore della ferita era sempre più insopportabile: provò a scrollarserla di dosso, senza successo, immobilizzato nella sua posizione.

    “Di certo non è in salute come te, wifey cara.”

    Lo fissò torva sotto le lenti, serrando le dita sulla spalla: “Risparmiami i tuoi giochetti, Kreitfober” ringhiò di rimando al suo orecchio. “Cos’è quello?”

    In quel momento sentì un pungolo conosciuto puntato a un rene, che picchietteva insistente in attesa della sua confessione.

    Deglutì rumorosamente, cercando di far arrivare le parole giuste sulla lingua. O almeno, un’ottima bugia.

    ***



    Il sangue versato sulla neve di Barnaul si era coperto velocemente di bianco, mentre i Ricucitori avevano ricominciato il loro lavoro, rattoppando e medicando quelli che erano tornati dallo scontro reclamando a gran voce la propria parte.

    Jass aveva avuto poco tempo per sistemare le sue ferite, di coltellacci, pallottole e unghie che gli si erano conficcati nella carne nel tentativo di prendere le scorte ammassate nel magazzino. Sonno e fame li aveva sacrificati a qualche dio nascosto oltre le nubi sopra la sua testa, mentre tentava di prestare soccorso a Cacciatori, Guardie o civili che fossero.

    Procedeva in automatico, persona dopo persona, volto dopo volto, decretando la morte di uno, stringendo le bende di un altro. Il riposo era per i combattenti, non per i Ricucitori come lui: quando aveva chiuso gli occhi, aveva sentito il gelo della canna sulla fronte e la lama alla gola.

    “Ti sta fissando.”

    Aveva sollevato il capo dalla razione tiepida che gli era stata allungata come pasto, incontrando quello sguardo su di lui. Si era calato sulla faccia il cappuccio imbottito del giaccone, recupero di fortuna di uno dei morti che avevano seppellito solo una manciata d’ore prima: non aveva senso buttare ciò che era ancora buono per un vivo.

    “Continua a guardare da questa parte. Posso spaccargli la faccia, se vuoi” aveva continuato Lena, allungando la mano sullo Sfondacrani. “O cavargli gli occhi. Scegli tu.”

    Aveva scosso la testa, finendo di ingollare il cibo per poi alzarsi di scatto in piedi: “No. È un paziente. Vado a parlargli: vorrà altri antidolorifici o qualcosa del genere.”

    Aveva scavalcato le brande e i materassi stipati in quel Lazzaretto allestito in fretta e furia sotto la neve, ignorando le voci lamentose che si levavano alla vista di un Ricucitore. Come quello sguardo che continuava a seguirlo, tutti volevano sempre qualcosa in più - più pillole, più bende, più droghe.

    Questi erano stati i suoi ultimi pensieri, mentre incrociava quegli occhi e la sua mente diventava bianca.


    ***



    “L’hai fatto portare da Barnaul al Faro, dumm.”

    Le dita si infilarono nei bendaggi, riaprendo la ferita e strappandogli un gemito che non riuscì a tacere. Il punteruolo tornò a punzecchiare insistentemente al suo fianco, ritmando l’impazienza della sua proprietaria.

    “Un paziente. È malato. Non sarebbe sopravvissuto laggiù” mormorò in un soffio, cercando di prendere fiato.

    Una risata di scherno si levò dalla gola di Lena, schiacciando la maschera fredda contro la sua guancia: “Non sopravviverà nemmeno qui.”

    A quelle parole si staccò da lei con uno scatto brusco, alzandosi dalla seggiola dura. Sentì i muscoli del viso contrarsi in uno spasmo, mentre l’espressione della donna davanti a lui mutava in qualcosa di indecifrabile.

    “È il mio paziente, Volkova” strinse i pugni, tentando di contenere quella sensazione che gli aveva fatto ribollire il sangue nelle vene e la voce si trasformava in un rantolo. “È una responsabilità dei Ricucitori: voi Cacciatori pensate ai vostri affari piuttosto che spargere cervella in giro.”

    Un silenzio pesante calò su di loro, solo il crocchiare della stufa a Carbotone a segnare lo scorrere del tempo attorno.

    Lena sputò a terra: “Quello puzza, muzhenek” lo salutò, allontanandosi dal Lazzaretto a larghe falcate, mentre insulti intelligibili accompagnavano la sua uscita.

    Rimase immobile finché la vide scomparire oltre la pesante porta, per poi asciugarsi il sudore gelido che sentiva come una fastidiosa patina sul collo.

    Si passò un dito sul collettone stropicciato, rivolgendo un’occhiata al paziente qualche metro più distante.

    Questo stava rannicchiato sul materasso, le ginocchia ripiegate sotto il mento e, come sempre, lo stava fissando. Non aveva emesso un solo suono da quando gli si era avvicinato nel campo di Barnaul: poteva aprire la bocca, ma non aveva mai sentito la sua voce.

    Jass infilò le mani nelle tasche, avvicinandosi al giaciglio, annusando l’aria. A differenza di quello che poteva pensare quella donna, non puzzava. Anzi, aveva un profumo buonissimo.

    Sentiva la testa leggera quando gli si trovava accanto, mentre la lingua si scioglieva, iniziando lunghe conversazioni dove finalmente poteva risparmiarsi le tante piccole e fastidiose bugie della vita di tutti i giorni.

    Per questo non riusciva a fare a meno di stargli vicino, con una scusa qualsiasi, tirando in ballo il suo dovere di Ricucitore: era una sensazione che non provava da tanto tempo - o di cui avesse ricordo - sotto la pelle indurita dal freddo.

    Gli sorrise, giocherellando con la maschera protettiva che portava appesa alla cintura: “Guarirai.”

    Non sapeva da cosa, ma non gli importava mentre si sedeva sul materasso, fissandolo a sua volta.
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    Edited by Akainatsuki - 26/3/2018, 21:50
     
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    #3 - What a MESS
    Music ON: Boys Don’t Cry - The Cure

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    ***


    La notte di Faro Siberia era luminosa, rischiarata dalle luci intermittenti delle torrette di sorveglianza. I coloni avevano adottato diversi stratagemmi per riparare le loro baracche da quei fari guardiani, che illuminavano le tenebre delle Lande innevate attorno.

    Nell’oscurità del suo alloggio, Jass non riusciva a dormire. La fatica del lavoro quotidiano, la spossatezza del freddo attorno alle ossa sembravano non essere più in grado di farlo crollare sul materasso che condivideva con Lena, infilato contro la parete più lontana dall’unica finestrella.

    Lasciò andare un sospiro sconfitto, rizzandosi a sedere nel silenzio. Sentiva gli occhi pesanti, doloranti per il poco sonno, mentre la testa ciondolava per la stanchezza: tuttavia sapeva come cercare di riprendere il riposo sarebbe servito solo a innervosirlo.

    Si alzò, infilando i vestiti ammassati accanto alla stufetta accesa della sua riserva di Carbotone. Il pezzo di specchio appeso al muro gli rimandò il suo riflesso, fin troppo simile a quello di sua madre. Pensò stupidamente come avrebbe dovuto tagliarsi i capelli, per non venire scambiato da qualche dumm delle Lande per uno strano esponente del sesso opposto.

    Uscì nella notte nevosa, la maschera che tintinnava a ogni folata, dirigendosi a larghe falcate verso il Lazzaretto: assieme al Refettorio, era uno dei pochi posti dell’insediamento in cui avrebbe potuto trovare calore in quelle ore prima dell’alba. E poi, c’era il suo paziente.

    Un sorriso gli increspò le labbra, mentre continuava ad avanzare, ingobbito contro il vento freddo che gli congelava il respiro.

    Era un soggetto interessante quello in cui si era imbattuto a Barnaul, che esulava dalle tante disgrazie con cui aveva avuto a che fare nei suoi anni di apprendistato: era una malattia che non riusciva a spiegarsi e verso cui si era incaponito, alla ricerca di una cura.

    Inoltre, c’era quel profumo buonissimo, di cui non riusciva proprio a fare a meno.

    Immerso in quei pensieri, rischiò di sbattere contro l’energumeno che stava di guardia all’ingresso del Lazzaretto. Sentì il suo sguardo indagatore addosso, mentre imbracciava il Tritaferro a tracolla.

    “Kreitfober il Ricucitore. Doppio turno?” si sporse verso di lui, ostruendogli il passaggio.

    “Quadruplo turno. La gente muore se non siamo noi nei paraggi” rispose di rimando, stringendosi nel giaccone e spostandosi di lato. “Ora dovrei proprio andare dai miei…”

    Si interruppe alla vista del ghigno che gli venne rivolto, indietreggiando di un passo, mentre l’uomo si frapponeva tra lui e l’ingresso. C’era qualcosa che non andava nel comportamento di quella Guardia: che ne avesse memoria, non gli era mai stato impedito l’accesso al Lazzaretto.

    Rizzò le spalle, cercando di trovare autorità nella voce, il cervello che correva veloce nel tentativo di elaborare quella situazione: “Cosa sta succedendo?”

    “Hai fatto un casino, muzhenek.”

    Jass si voltò lentamente, incontrando la figura di Lena illuminata dalle luci violente delle torrette, il viso livido di rabbia. Non era sola: dietro di lei stavano altri, le armi strette in pugno.

    Un pensiero gli attraversò la mente, facendogli mancare un battito: il suo paziente.

    Si girò di scatto, a testa bassa, scivolando alla presa dell’energumeno, per poi infilarsi oltre le porte del Lazzaretto, ignorando le grida alle sue spalle.

    La vista che gli si parò davanti lo lasciò ammutolito per un lungo istante, mentre cercava di rendersi conto di quello che stava davvero accadendo in quel capannone.

    C’erano altri Ricucitori come lui, le coperture speciali addosso, le stesse usate dalla S.E.M. nelle sue spedizioni di epurazione. Lo guardavano, immobili, dietro le maschere calate sul volto.

    Gli occhi si spostarono febbrilmente oltre quelle figure, scoprendo il materasso vuoto.

    Sentì il sangue defluire dal viso e le orecchie ronzare, ma prima di poter far arrivare le parole alla lingua, qualcosa lo afferrò per le spalle e lo sbattè con forza a terra.

    “Feromoni mutanti, dumm che non sei altro!”

    Lena gridava, isterica, premendo con il tallone sulla sua schiena, bloccandogli il respiro, per poi iniziare a colpirlo con violenza, facendo scricchiolare le ossa sotto il giaccone imbottito.

    “Ti sei fatto abbindolare da dei maledetti feromoni, come un cane bastard-!”

    Si interruppe all’improvviso, quella condizione che a dispetto delle sue tante parole prepotentemente reclamava la sua attenzione.

    Mentre l’aria tornava nei polmoni, Jass si trovò a ringraziare in silenzio quel chiunque - maschio o femmina, che gli aveva risparmiato davvero di morire ammazzato a calci come un animale.

    Quel momento di grazia durò poco, abbastanza per prendere fiato e inghiottire il sentore di ruggine che gli era salito in gola, ma troppo breve per poter azzardare qualsiasi mossa.

    Ombre scure si mossero nella sua direzione, voci concitate lo accerchiarono e il peso di Lena venne sostituito dal punzecchiare insistente delle armi nelle reni.

    Cercò di alzare la testa, che una presa stretta sul collo gli impediva di muovere, incontrando il suo riflesso nella maschera che si era abbassata su di lui.

    “Hai fatto un casino, Herr Ricucitore” gracchiò una voce sconosciuta, alterata dal filtro sulla bocca. “Hai fatto davvero un casino.”
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    #4 - My APOLOGIES
    Music ON: Sell Your Soul - Hollywood Undead

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    ***


    Jass rigirava il coltello nelle mani, mentre la porticina di metallo si apriva lentamente davanti a lui, il suo scricchiolare che rimbombò nel silenzio.

    Il paziente comparve dall’oscurità del corridoio, trascinandosi a fatica sulle gambe, il fiato spezzato, mentre il pungolo di un Epuratore alla schiena lo costringeva ad avanzare.

    Il corpo era maciullato dalle sadiche torture della S.E.M., e Jass conteggiò una ad una le lesioni che gli avevano procurato, almeno per quelle che l’occhio poteva vedere, dando fondo alle tecniche più subdole di cui avessero avuto a disposizione.

    Tuttavia le direttive che il Protettore stesso aveva dato erano state chiare: finire, senza uccidere.

    A dare il colpo di grazia sarebbe stato lui, Herr Ricucitore.

    Strinse l’impugnatura, cercando di regolare il respiro, che il filtro della maschera rendeva un gracchiare cupo, simile a quello degli altri attorno, nello spazio gelido di quel capannone.

    Zhyuri. Prendeva quel nome il tentativo costruito negli anni successivi al disastro di dare una forma alla giustizia, in un mondo dove chiunque si poteva eleggere a giudice, giuria e boia.

    La Torre del Protettore era il luogo dove il colpevole veniva trascinato e la sentenza decretata. Una giustizia sommaria, veloce, senza troppe parole da sprecare per spiegare delitto e pena, o tentare - addirittura - una difesa.

    ***



    “Non è un mutante, è un paziente di Barnaul.”

    Quell’affermazione aveva strappato un ringhiare cupo alle sue spalle, corale, mentre il pavimento congelato su cui era stato fatto inginocchiare, i polsi legati, iniziava a diventare sempre meno tollerabile.

    “Da quanto tempo non indossi la tua maschera, Ricucitore?”

    La domanda lo aveva fatto trasalire, accorgendosene solo in quel momento, come se all’improvviso l’aria si fosse fatta irrespirabile. Jass si scoprì a guardarsi attorno, alla ricerca di qualcosa che aveva sempre avuto con sè e inspiegabilmente si era volatilizzato.

    “Troppo tempo.”

    La voce dietro di lui lo fece trasalire, riconoscendo quella di
    tovarish Krov, accompagnata da un tintinnare familiare di metallo.

    Trattenne il respiro mentre le grosse e tozze dita dell’uomo calavano e legavano con troppa forza una maschera e il suo boccaglio, incurante dei lividi che gli avrebbe lasciato, ma almeno risparmiandolo dal morire di botte in un vicolo scuro di Faro Siberia.

    Perché i Ricucitori non si uccidevano, non si colpivano mani e occhi che avrebbero potuto salvare la tua miserrima vita di quel bastione congelato nel bel mezzo del bianco nulla dell’estremo Est.

    Tuttavia, un calcio ai reni fece crollare Jass sul pavimento, trovandosi a combattere per far arrivare un soffio di aria ai polmoni, mentre i colpi infierivano su di lui, accompagnati dalle grida rabbiose di
    tovarish Krov.

    ***



    Poteva ancora sentire quelle parole strozzate rimbombargli nelle orecchie, facendo pulsare il sangue che scorreva sotto la pelle, mentre si rendeva conto di come fosse tutto maledettamente vivido e reale.

    “Non lascerai che questo izverg viva, mentre sopportate il vostro lutto in silenzio, Herr Ricucitore?”

    Un brivido gli attraversò la schiena, stringendo la presa sul coltello, che riluceva nella luce grigia. Gli occhi si posarono sulla figura del paziente, inginocchiato a sua volta sul pavimento di cemento freddo, lo sguardo dritto su di lui.

    ***



    Era stato ingannato. Feromoni mutanti, così avevano sancito gli altri Ricucitori del Faro, mentre qualcuno lo aiutava a rizzarsi di nuovo sulle gambe e ingoiava il sangue che gli aveva riempito la bocca.

    La notte a seguito della battaglia sul campo di Barnaul, la stanchezza e la debolezza: allora era avanzato tra le fila di derelitti ammassati, ignorando le richieste di farmaci e cure, credendo di trovarsi in mezzo a esseri umani come lui. Per questo non aveva infilato la maschera, lasciandola accanto a Lena.

    “Si è mescolato ai coloni dell’insediamento, sfruttando la sua… anomalia” aveva gracchiato una voce, portandosi tra Jass e il gruppo che lo circondava, nel silenzio dello
    Zhyuri. “E ha trovato il tuo zyat, Krov.”

    La stretta di una delle cinghie si rafforzò, un ringhiare sommesso ad accompagnare quel gesto: “Toglitela e te la cucio
    addosso, maledetto ublyudok.”

    Annuì lentamente, sforzandosi di respirare. Più che la maschera, più che il dolore dei colpi che si erano abbattuti su di lui, c’era un pensiero che non riusciva a togliersi dalla mente. Alzò il capo, cercando di far arrivare le parole sulla lingua, ricacciando in gola il senso di soffocamento che lo aveva attanagliato: “
    ...unser Sohn? Cosa è successo al bambino?”

    ***



    Jass si abbassò, incontrando oltre le spesse lenti lo sguardo del paziente. Nonostante la vicinanza, l’aria fredda che entrava dal filtro e gli si riversava nei polmoni era diversa: non sentiva più quel profumo. O meglio, non sentiva più nulla.

    Rimase immobile in quella posizione per qualche lungo secondo, per poi allungare il braccio, infilando la lama oltre la pelle macerata, a sinistra dello sterno, dove si trovava il cuore. Girò il polso, lentamente, senza distogliere lo sguardo dal rivolo rosso e schiumoso che iniziò a scendere da un angolo della bocca.

    I tratti del viso iniziarono a sfigurarsi e cambiare, riflessi dalle lenti della maschera, mentre un gorgogliare sordo si levava nel silenzio della stanza.

    “Doni del Nuovo Mondo, Mutazioni… non fa differenza, Herr Ricucitore” commentò una delle figure accanto a lui, affondando a sua volta l’arma, imitato dagli altri. “Assicuriamoci che questo izverg torni dall’Inferno che lo ha partorito.”

    “Come non potrà fare la tua nevesta” ringhiò un altro ancora, estraendo la Puntura e facendo girare il caricatore, per poi puntarla alla fronte del paziente lasciando al plotone di esecuzione di potersi distanziare. “Prosti, Herr Ricucitore.”

    Lo sparo rimbombò nell’aria, seguito dal tonfo sordo del corpo che si schiantò sul pavimento.

    Così si concluse lo zhyuri del paziente di Barnaul, mentre quello che gli scorreva nelle vene si riversava tutto attorno, rifluendo nel canale di scolo.

    “Nè fuoco, nè ghiaccio” mormorò qualcuno alle spalle di Jass, afferrandolo per una manica della tenuta impermeabile e scrollandolo con forza. “A differenza di noi, lasceremo che se lo mangino fuori dalle mura.”

    Annuì appena, mentre il respiro si faceva un rantolo, soffocato dal filtro della maschera.

    Non c’era sepoltura per quelli come loro.

    Nemmeno per il suo bambino.
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    Edited by Akainatsuki - 26/3/2018, 21:51
     
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    #5 - Goodbye, MOY DOROGOY
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    ***


    Il lavoro del Ricucitore era noioso. O almeno, a Faro Siberia.

    Jass chiuse lo zaino, dopo aver controllato una ad una le poche cose che aveva infilato al suo interno: una manciata di Boinn, qualche vestito, gli attrezzi da lavoro, razioni di cibo acchiappate al Refettorio.

    Aggiustò il giaccone, tastando con i guanti le armi che aveva nascosto tra le pieghe e nelle tasche. Suo padre aveva insistito perché spezzasse quel coltello sporco di sangue malato, abominevole, mentre sua madre gliene allungava un altro, gemello, con la sua pietra da affilatura.

    Quel coltello non era un regalo. Era un ricordo, nel bene o nel male, e uno strumento di vita e morte: poteva essere usato in tanti modi, da un Ricucitore come lui, su di sé o sugli altri.

    Dal gancio al muro afferrò il pesante ushanka, calandoselo sulla testa, e assicurandosi con una mano la maschera che portava appesa al collo. Finché non avesse lasciato l’insediamento non gli sarebbe servita, ma aveva imparato fin troppo bene cosa avrebbe comportato la sua dimenticanza.

    ***


    In fondo, non era stata colpa sua. Era stata quella cosa, quell’essere, ad approfittarsi di un umano, di una brava persona come lui, traendolo in un subdolo inganno come solo quelli della sua specie maledetta erano in grado di fare.

    Dopo lo
    Zhyuri aveva espiato la sua colpa, stando alle parole del Protettore.

    “Un Ricucitore in meno è una grave perdita per Faro Siberia.” Era rimasto in silenzio per un lungo momento, quasi soppesando quello che sarebbe seguito. “Ma non verrà tollerata una nuova infrazione, né da te né dalla tua famiglia.”

    A quelle parole gli sovvenne come, così come la giustizia, anche la grazia era effimera come le fiamme del Carbotone, in quell’angolo gelido del mondo.


    ***


    Lasciò andare un lungo sospiro, mentre il pezzo di specchio gli rimandava il suo riflesso, imbacuccato in quegli strati di imbottitura e stoffa, accompagnato dal luccichio plastico della sua unica protezione verso il Male che abitava all’esterno delle mura.

    A quella vista non potè fare a meno di pensare se gli avrebbe somigliato, almeno un poco, quel qualcosa che gli aveva salvato la vita una volta e che aveva perduto subito dopo.

    Distolse lo sguardo, serrando le labbra e scrollando le spalle, mentre un brivido gli percorreva la schiena, nonostante i vestiti che portava addosso.

    Non era stata colpa di Lena e nemmeno sua.

    Era naturale, poteva succedere. Si esalava l’ultimo respiro prima ancora di arrivarci, in quel mondo immerso nelle radiazioni invisibili di una guerra di cui aveva solo sentito parlare. Era un pianeta dove ciò che tanti concepivano come il miracolo della vita aveva un’altra parola per essere descritto. Sopravvivenza.

    “Fuori da Faro Siberia ti spezzeranno le mani e caveranno gli occhi, muzhenek. Come non ho potuto fare io.”

    Lena incrociò i suoi occhi, battendo un colpo a terra con lo Sfondacrani, seduta sul materasso che avevano continuato a condividere nonostante quello che era successo. “Prego ti poter incrociare il tuo cadavere, un giorno.”

    Trasalì, ricacciando il sapore amaro che gli era salito alla gola alle sue parole. Perché quella donna sapeva e aveva ragione, anche se non aveva abbastanza fiato per raccontarla tutta, la maledetta verità che gli mordeva un pezzo di cuore.

    Herr Ricucitore aveva fatto un casino. Era tutta colpa sua, ma non lo avrebbe mai ammesso.

    Per questo aveva deciso di lasciare Faro Siberia come un reietto qualsiasi, un Ricucitore in meno - una colpa in più, in pellegrinaggio nelle Lande desolate del mondo.

    Forse avrebbe trovato qualcosa o qualcuno capace di sublimare quello che era accaduto, trasformandolo in una crociata personale, dove giusto e sbagliato avrebbero perso i loro valori universali, per diventare meri strumenti di una vendetta insensata, per una parola che non voleva pronunciare.

    Jass aggiustò lo zaino sulle spalle, calcando ancor di più l’ushanka sui capelli riottosi e induriti dal gelo. Disegnò il contorno della maschera con le dita, per poi alzare il collo del giaccone fin sotto il mento.

    Deglutì rumorosamente mentre appoggiava la mano sulla porta e si voltava per l’ultima volta verso Lena. Prese fiato, lasciando che le parole diventassero fumo bianco nell’aria.

    “Addio, moy dorogoy.”
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    Edited by Akainatsuki - 26/3/2018, 21:52
     
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    Ho avuto piacerissimo nel leggere questa RAG, fin dal capitolo 00 ho intuito che sarebbe stato un bel racconto in cui immergersi.
    Che dire, che mi è piaciuta moltissimo te l'ho già detto, che scorre abilmente bene lo sa già, che ho atteso il susseguirsi dei capitoli con trepidante impazienza, anche... i say, BRA-VA.
    Ti meriti tutti e 15 i PC.

    tenor

     
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6 replies since 11/2/2018, 19:25   192 views
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